Parte della filosofia indirizzata allo studio del diritto. In senso stretto,
comprende la teoria della giustizia; in senso più generale, essa si
riferisce anche all'elaborazione ed esposizione concernenti l'evoluzione storica
dell'esperienza giuridica: norma e ordinamento giuridico, diritto soggettivo e
obbligo, potere, coazione, illecito, ecc. Comprende inoltre la dottrina delle
fonti del diritto e dell'interpretazione giuridica per quanto, in questo caso,
si tratti propriamente di
teoria generale del diritto. Viene fatta
inoltre rientrare nell'ambito della
f. del d. la trattazione dell'origine
storica del diritto, considerato sotto l'aspetto sociale, per quanto in questo
caso si tratti propriamente di
sociologia giuridica. La nascita della
f. del d. come disciplina filosofica autonoma è relativamente
recente, essendosi essa affermata solo con Kant. Infatti, nel periodo classico,
greco e romano, non si presentava distinta dall'etica, dalla politica e dalla
giurisprudenza. Nell'antichità, i problemi propri della
f. del d.
si trovano in opere filosofico-politiche quali la
Repubblica di Platone e
l'
Etica Nicomachea di Aristotele o nelle opere dei giuristi romani; nella
filosofia medioevale, compaiono in opere di filosofia generale quali la
Summa
Theologica di Tommaso d'Aquino o in trattati politici quali il
Defensor
Pacis di Marsilio da Padova. Anche all'inizio del pensiero moderno, nelle
opere dei filosofi giusnaturalisti, come il
De officio hominis et civis
(1673) di S. Pugendorf, non vi è ancora una chiara distinzione tra
problemi giuridici, morali, religiosi, ecc. Primo a proporre una preziosa
distinzione tra diritto e morale, basata sulla distinzione tra una legge
interiore, non coercibile, e una legge esterna, coercibile, fu Ch. Thomasius
(
Fondamentum iuris naturae et gentium, 1709). Tale distinzione, e quindi
autonomia della
f. del d., fu accolta da Kant che, nella
Metafisica
dei costumi (1797), opera una netta distinzione tra la dottrina del diritto
e la dottrina della virtù. La distinzione kantiana rese in seguito
abituale la trattazione della
f. del d. come disciplina autonoma. Sulla
base di questa distinzione, essa cominciò ad essere considerata come una
parte della filosofia pratica e perciò distinta dalla filosofia morale,
dalla dottrina politica, dall'economia, ecc. Più propriamente, la
f.
del d. è quella parte dell'etica che tratta delle azioni dell'uomo
come
socius, ossia del comportamento sociale dell'individuo, distinto sia
dal comportamento morale (uomo come persona universale), sia dal comportamento
economico (uomo come individuo particolare). Da questa concezione si distacca
quella hegeliana che opera un riavvicinamento tra morale e diritto. Infatti la
Filosofia del diritto (1821) di Hegel comprende, oltre al diritto, anche
la morale e la dottrina della società. Anche il positivismo tende a
negare autonomia alla
f. del d., limitandola allo studio degli elementi
essenziali di ogni ordinamento giuridico (teoria generale del diritto) o alla
ricerca dell'origine storica e sociale del fenomeno giuridico (sociologia
giuridica). In seguito, la
f. del d. è ritornata ad essere
considerata, per vie diverse, come una disciplina autonoma.